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dialogo 62, 2025, 140x140

visita inaspettata 13, 2025, 110x110

4 tempi 10, 2025, 90x145

4 tempi 10, 2025, 90x145

4tempi 1, 2020, 80x320

tempi sul tempo 1, 2021, 180x230

4 tempi 11, 2025, 4x60x60

sorpresa 1, 2022, 180x200

spazio riciclato 8, 2025, 112x112

finestra 1, 2023, 110x110

you name it 37, 2022, 148x118

you name it 38, 2022, 148x118

fioritura 5, 2025, 110x110

inizio 7, 2025, 120x120

tempi sul tempo 3, 2021, 190x170

nota aperta 8, 2020, 150x140

punto di vista 19, 2025, 70x170

fioritura 1, 2023, 146x146

recipiente 15, 2025, 110x110

scontro 1, 2025, 118x118

you name it 22, 2024, 80x190

punto di vista 16, 2024, 170x150

tempi sospesi 1, 2022, 115x200

you name it 35, 2023, 100x100

tempi sospesi 2, 2022, dittico, 110x315

sintonia 1-3, trittico, 2023, 90x270

inizio 6, 2022, 150x150

incompiuto 2, 2022, 190x225

decisione 1, 2022, 170x155

recipienti e tempi 1, dittico, 2022, 118x296

incompiuto 6, 2022, 118x118

libera scelta 3, 2021, 170x160

incompiuto 3, 2021, 118x148

Una tela ricca di veli non corrisponde necessariamente ad un’immagine coperta di colore. Sembrerebbe istintivo immaginare la sovrapposizione di cose come il desiderio di coprire o persino nascondere qualcosa. Un pensiero che spesso crea un affascinante bazar intellettuale.

 

Tuttavia, altre volte e così mi pare per i quadri di Arnaldo, potrebbe trattarsi esattamente del contrario, ovvero di uno svelamento. Gli strati sovrapposti non sono l’inizio di un accumulo sistematico e compulsivo, ma tutto il suo contrario. Sono un togliere, di volta in volta, un concedere coraggiosamente spazio, un dare il permesso alla libertà. Un corpo a cui si toglie gradualmente, per lo più senza grossi strappi, la sua uniforme di pelle.

 

È forse per questo motivo che guardandoli ci si sente liberi di pensare, accolti, senza imposizioni. Sembra quasi di percepire realmente l’armonia e la serietà con la quale si raccontano i vari stadi dei vari strati dell’umanità di un uomo. Come davanti ad una telecronaca di fatti belli e di fatti brutti, così si assiste ad un ambasciatore generoso che racconta quello che è in una maniera tale da rendere non prioritario il giudicare l’oggetto in sé. Sta a noi, al nostro vissuto, il sentire la gioia, la rabbia, il fastidio, l’amore.

Siamo abituati ad incontrarci con le parole, a capirci con un alfabeto codificato e studiato. Ma questo è un dialogo che appartiene alle nostre vite, al nostro intimo animo segnato dalle esperienze individuali. Alcune emozioni sono vissute in solitudine, come davanti ad un quadro che porta la sua parte di eredità.

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